Ci sono più motivi di gioia che tempo per contarli.
Quella
della gioia è una scelta di vita che innesca meccanismi di positività. L'immagine dell'Io è il meraviglioso strumento che rende possibile ogni
cosa.
All'interno del corso di Psicodinamica esiste un esercizio,
chiamato l'Immagine dell'Io, che costituisce uno dei pilastri di tutto il
metodo. Consiste nel realizzare a livello immaginativo un autoritratto, non
necessariamente corrispondente a quello che noi siamo, ma a quello che vorremmo
essere, aspetti che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, raramente
coincidono. Tale tecnica, quindi, è completamente indipendente dalla capacità
di disegnare o dipingere, tanto che nella nostra esperienza professionale sono
frequenti i casi di persone che, pur avendo queste capacità, non riescono
almeno agli inizi ad avere un ritratto soddisfacente, e viceversa, di persone
che non sanno neppure tenere in mano la matita, ma visualizzano splendidi
autoritratti.
Possiamo definire l'immagine dell'Io come un filtro, che
ciascuno ha, non a livello razionale, ma più in profondità, un filtro che
connota tutto ciò che esce da noi verso l'esterno e tutto ciò che dall'esterno
entra in noi. È quella componente che, quando conoscete una persona poco
attraente o decisamente brutta, secondo i canoni estetici comuni, ma dotata di
simpatia, di calore, di grande carica vitale, fa sì che presto dimentichiate il suo aspetto fisico ed emettiate
nei suoi confronti un giudizio decisamente e globalmente positivo. Può
succedere anche il contrario,
vale a dire incontrare persone indiscutibilmente gradevoli sotto il profilo estetico, con le quali,
dopo poco, cominciate a sentirvi a disagio; non riuscite a capire il perché, ma vi viene voglia di
allontanarvi da esse. Le prime hanno un'immagine dell'Io in equilibrio e vi
trasmettono quindi una sensazione di armonia, di serenità, di vitalità che vi
attrae e vi fa ricercare la loro compagnia; le seconde, non avendo ancora
raggiunto questo stadio, vi trasmettono una sensazione di disarmonia e di
carenza che il vostro lo non gradisce.
Questo per quanto riguarda ciò che la persona trasmette all'esterno, ma, si diceva, il discorso vale anche nella direzione opposta; succede allora di conoscere persone che, di fronte alla classica bottiglia che contiene acqua pari alla metà della sua capacità totale, la vivono come mezza piena, ed altre che, nella stessa situazione, la vivono come mezza vuota. Cosa cambia? Qual è l'elemento che nel primo caso spinge ad un giudizio positivo e nel secondo ad uno di segno opposto? Visto che la motivazione di tale atteggiamento non può essere ricondotta a circostanze esterne la quantità d'acqua è esattamente identica nei due casi – bisogna ricercarla nell'interiorità della persona, nel filtro che essa frappone tra sé e la realtà oggettiva: l'immagine dell'Io, appunto.
Questo per quanto riguarda ciò che la persona trasmette all'esterno, ma, si diceva, il discorso vale anche nella direzione opposta; succede allora di conoscere persone che, di fronte alla classica bottiglia che contiene acqua pari alla metà della sua capacità totale, la vivono come mezza piena, ed altre che, nella stessa situazione, la vivono come mezza vuota. Cosa cambia? Qual è l'elemento che nel primo caso spinge ad un giudizio positivo e nel secondo ad uno di segno opposto? Visto che la motivazione di tale atteggiamento non può essere ricondotta a circostanze esterne la quantità d'acqua è esattamente identica nei due casi – bisogna ricercarla nell'interiorità della persona, nel filtro che essa frappone tra sé e la realtà oggettiva: l'immagine dell'Io, appunto.
EFFETTI DELL'IMMAGINE DELL'IO
Da quanto detto emerge che, lavorare sulla propria immagine
dell'Io, serve per riequilibrarla e riarmonizzarla, laddove ce ne fosse bisogno...
ma chi non ha bisogno? Anche perché, esiste un limite all'armonia ed
all'equilibrio? Questo comporta importanti cambiamenti nella qualità della
vita. Chi ha una buona immagine dell'Io, ad esempio, riesce a gestire meglio la
propria salute, tenendo sotto controllo tutti quei disturbi che comunemente vengono
definiti psicosomatici. Il novero di tali malattie va ampliandosi
progressivamente, seguendo l'affermarsi crescente del principio di medicina
olistica, di una medicina cioè che non considera la malattia come il prodotto di un agente esterno – cosa
che in parte fa anche la medicina psicosomatica, estendendo però l'influsso di
tale agente, anche alla sfera psichica – ma considera l'individuo come una
realtà multidimensionale, interagente con l'ambiente, che ricorre alla malattia,
quando viene perso l'allineamento delle varie dimensioni tra di esse. Ma è
questo un discorso che potremo trattare meglio tra breve.
Un'immagine dell'Io positiva consente inoltre di gestire
meglio il rapporto con se
stessi, con gli altri e con le problematiche con cui la vita mette a confronto,
fornendo alla persona la possibilità di vivere il primo aspetto non come solitudine, ma come compagnia di se
stesso, il secondo con rapporti
di comunicazione, di scambio e d'amore, ricchi ed appaganti. Ed il terzo, valutando nel modo corretto
le varie situazioni della vita, affrontandole e risolvendole con equilibrio. Un
terzo effetto derivante da un'immagine dell'Io in equilibrio è la possibilità
di sfruttare meglio e senza dispersioni il
proprio potenziale energetico, attingendo ad un serbatoio che,
altrimenti, rimarrebbe inaccessibile.
Vediamo ora quale può essere una chiave di lettura esoterica
di questo esercizio; dobbiamo, a questo proposito, partire dal presupposto,
accennato in precedenza, della natura multidimensionale dell' essere umano, che
prevede un piano materiale, costituito dal corpo fisico, un piano energetico,
costituito da un corpo più sottile, chiamato eterico o pranico; da un piano
emozionale, costituito da un corpo ancora più rarefatto, che viene chiamato
astrale, e da un piano spirituale, chiamato lo
o Sé, accompagnato spesso,
quest'ultimo termine, da vari aggettivi quali superiore, profondo, divino o
spirituale.
Portiamo la nostra attenzione a esso: è la componente dotata
di saggezza, di capacità di discernimento, è la sede del potenziale creativo e
d'amore, è la parte non vincolata dalle categorie spazio e tempo, perché è a
conoscenza di tutte le leggi della natura e possiede il senso dell'eternità. Insomma, è l'atomo di divinità presente
in ogni essere umano. Questa fonte di qualità psicospirituali riesce ad
effondere le sue informazioni alle altre dimensioni nella misura in cui i
canali di intercomunicazione sono aperti.
Un corpo fisico incapace di fare da supporto materiale alle
altre componenti, un corpo eterico dotato di scarsa vitalità e, quindi, di
ridotta capacità pensante, un corpo astrale non in grado di gestire il proprio
sentire, sono veicoli inadeguati ed il Sé, quindi, potrà manifestare la sua
presenza in grado limitato. Anche perché, non è necessario che tutte le
dimensioni sopracitate non funzionino in modo adeguato; ne basta solo una per
interrompere la comunicazione.
Ed il Sé non ha molti strumenti per inviare informazioni a
chi non sia sensibilizzato al suo operare: uno di questi è il sogno. Un tempo
l'uomo era abituato ad ascoltare e tradurre il messaggio onirico ma oggi, alle
soglie del terzo millennio, questa abitudine è caduta così in disuso che molti
credono addirittura di non sognare, semplicemente perché non ricordano i sogni,
e non li ricordano proprio perché non prestano loro attenzione. Comunque il Sé,
quando deve comunicarci qualcosa, ci prova e, se noi non riusciamo a captare il
messaggio in prima battuta, ci riprova con un linguaggio più forte, un incubo.
Molto spesso, però, neppure questo secondo tentativo sortisce alcun effetto, ed
il Sé deve passare a mezzi decisamente più drastici: la malattia, la
difficoltà, l'ostacolo. Per coloro che già hanno un buon rapporto con la
propria scintilla divina, l'immagine dell'Io può essere uno strumento
immaginativo straordinariamente efficace per gestire la propria evoluzione; per
chi invece è agli inizi della sua ricerca spirituale, questa tecnica diventa
uno strumento necessario per ri-attivare il contatto con il Sé e per
consentirgli di ricevere e trasmettere informazioni.
Ecco allora che, alla luce di quanto si è detto in
precedenza a proposito degli effetti prodotti da un lavoro regolare compiuto con
questo strumento, e dalle caratteristiche del corpo fisico e di quelli sottili,
si comprende facilmente come la funzione della malattia venga a decadere quando
la persona si metta in grado di ricevere per altra via l'indicazione dello
stile di vita giusto per lei. Questo aspetto si è talmente evidenziato negli
tempi che da uno studio effettuato negli Stati Uniti si è riscontrato che le
persone che, attraverso la meditazione o altri strumenti – e l'Immagine dell'Io
rientra sicuramente in queste forme –mantengono un buon contatto con il loro Sé, spendono il 77% in meno degli altri per spese
mediche (consultazioni, farmaci e ricoveri ospedalieri) e sono meno soggette a
disturbi cardiaci e tumori.
Ed insieme alla malattia, scompaiono anche altre
manifestazioni che, vissute come negative dalla persona, altro non sono che
opportunità per acquisire qualità necessarie alla sua evoluzione ed alle sue
esigenze karmiche: gli ostacoli, la sofferenza, la fatica. Inoltre, accanto
alla scomparsa di questi aspetti, ne compaiono altri collateralmente, tutti
legati alle qualità essenziali del Sé: l'incremento della creatività, ad
esempio, intesa come capacità di trovare soluzioni originali e brillanti a
problemi di varia natura, il rafforzamento
della volontà e della determinazione, il
miglioramento della capacità di concentrazione e della chiarezza
mentale, ma soprattutto – ed è ciò che ci interessa sottolineare in questo
contesto – l'incremento della gioia di vivere.
L'IMMAGINE DELL'IO E LA GIOIA DI VIVERE
Cerchiamo di approfondire questo aspetto, partendo dalle
cause che, in genere,
impediscono di provarla. Si possono sostanzialmente
ricondurre a tre categorie: la prima comprende tutti quegli atteggiamenti di
autocritica che ci inducono a pensare che non ci comportiamo correttamente
(senso di inadeguatezza) o di non fare le cose come dovrebbero essere fatte
(perfezionismo). La seconda categoria comprende tutti quegli aspetti che
spingono a cercare consenso, capacità decisionale e sicurezza all'esterno; il comportamento di chi, se deve
ordinare qualcosa da bere, dice «Quello che prendi tu va benissimo anche per
me», oppure, se gli chiedete se si piace, se si è simpatico, vi risponde «Non
sta a me dirlo, bisogna chiederlo agli altri».
Sia in questo caso, che nel precedente, si tratta
evidentemente di un problema di autoaccettazione ed entrambe queste categorie,
quindi, sono da connettere a cause che trovano la loro origine a livello della
personalità, ma ve n'è una terza che si muove invece su un piano spirituale
perché è costituita da tutti gli atteggiamenti derivanti dal senso di distacco
dal divino, quegli atteggiamenti che spesso conducono esseri particolarmente
sensibili a ricercare questa unione ricorrendo ad alcool e droghe.
Esiste una parola, "disastro", che indica
chiaramente questo aspetto; è composta dal prefisso separativo greco "dys" e da "astro" e significa separazione
dalla stella d'origine, perdita dell'unione con il mondo dello spirito. Anche se oggi non la usiamo più in questa
accezione, il senso di distacco
da Dio è il vero disastro per
ognuno di noi perché, nella nostra realtà di esseri multidimensionali, ci
aliena la nostra identità spirituale,
facendoci perdere il nostro
centro e, conseguentemente, ogni punto di riferimento; ogni gioia ci è preclusa
ed impedita la felicità proprio come all'innamorato cui viene sottratto
l'oggetto del suo amore.
Attraverso il lavoro con e sull'immagine dell'Io si recupera
– o si rinsalda – il contatto
con il Sé, attuando di conseguenza un allineamento di tutte le componenti ed
una maggiore comunicazione nelle due direzioni, dal centro verso la periferia e
viceversa. Ecco allora che la persona, non più animata dal senso di separatività,
che si traduce in prima istanza in separazione da se stessa, comincia a provare
sentimenti di autoaccettazione, autorispetto ed autostima che si trasformano poi in amore per se stessa. Badate
bene, l'amore per se stessi non significa egoismo; come sottolinea Erich Fromm(1) l'egoista non ama se stesso, anzi si
odia, e tale mancanza d'amore e di attenzione nei confronti di se stesso lo
lascia così vuoto e frustrato da cercare affannosamente tutt'intorno a sé
possibili compensazioni. Ricerca vana, naturalmente, che lo costringe a
chiudersi sempre di più in una spirale di fredda e sterile solitudine.
L'atteggiamento della persona che comincia ad amarsi è,
viceversa, di grande apertura. Attraverso un più forte senso della propria
identità psicospirituale, diventa consapevole delle proprie esigenze, che
riesce a soddisfare in modo diretto e naturale; è in grado di mantenere salde
le proprie opinioni sia di fronte a pressioni interne che esterne; riesce ad
assumere decisioni più facilmente; può utilizzare tutta la forza della propria
emotività senza farsi travolgere da essa; incomincia a cogliere l'aspetto
giocoso della vita ed a partecipare alla gioia della creazione.
Da quanto detto più sopra emerge, poi, un altro importante effetto del lavoro sull'immagine dell'Io: il contatto con il Sé, ed il sentimento d'amore che ne deriva, il ritrovato senso di identità, e la sensazione di sicurezza che ne consegue, fanno sì che la persona riesca anche ad interagire molto meglio con gli altri ed a rapportarsi in modo più equilibrato con le difficoltà della vita. Aumenta, infatti, il senso di tolleranza nei confronti delle debolezze altrui, la capacità di cooperare più amichevolmente, la gentilezza e l'apertura sincera, la possibilità di aver rapporti più naturali, non essendo più avvertita come pressante la necessità di essere al centro dell'attenzione di tutti; affiora o si rinsalda la capacità di affrontare le difficoltà in modo equilibrato, sulla base della maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità. Insomma la persona acquista una "morbidezza", una disponibilità ed un calore, sintomi – e a loro volta cause – di un'inequivocabile apertura alla gioia di vivere. Va notato, per inciso, che tutto questo suscita l'apprezzamento degli altri che, attratti come api dal fiore, ricercano la compagnia di tali persone, riconfermando la componente fascinatoria, a prescindere dall'aspetto fisico, di cui si parlava all'inizio di queste osservazioni.
Da quanto detto più sopra emerge, poi, un altro importante effetto del lavoro sull'immagine dell'Io: il contatto con il Sé, ed il sentimento d'amore che ne deriva, il ritrovato senso di identità, e la sensazione di sicurezza che ne consegue, fanno sì che la persona riesca anche ad interagire molto meglio con gli altri ed a rapportarsi in modo più equilibrato con le difficoltà della vita. Aumenta, infatti, il senso di tolleranza nei confronti delle debolezze altrui, la capacità di cooperare più amichevolmente, la gentilezza e l'apertura sincera, la possibilità di aver rapporti più naturali, non essendo più avvertita come pressante la necessità di essere al centro dell'attenzione di tutti; affiora o si rinsalda la capacità di affrontare le difficoltà in modo equilibrato, sulla base della maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità. Insomma la persona acquista una "morbidezza", una disponibilità ed un calore, sintomi – e a loro volta cause – di un'inequivocabile apertura alla gioia di vivere. Va notato, per inciso, che tutto questo suscita l'apprezzamento degli altri che, attratti come api dal fiore, ricercano la compagnia di tali persone, riconfermando la componente fascinatoria, a prescindere dall'aspetto fisico, di cui si parlava all'inizio di queste osservazioni.
IMMAGINE DELL'IO E KARMA
Desidero approfondire ora un punto appena accennato in
precedenza; si diceva che la persona che ha una buona immagine dell'Io riesce
ad affrontare le prove della vita con animo sereno, perché consapevole delle
proprie potenzialità. Al di là di questo atteggiamento, ne esiste un altro che
trova la sua spiegazione in un'analisi esoterica. Questo tipo di persona è in
grado di conservare la propria serenità anche di fronte agli ostacoli più duri,
perché essendo in contatto con il proprio
Sé, che come sappiamo è svincolato dal tempo, riesce ad avere una percezione
più precisa del proprio Karma ed a vivere queste prove non come episodi di sofferenza
fine a se stessa, ma come preziose opportunità di apprendimento di qualità che
si è lasciata sfuggire in esistenze precedenti. La comprensione del proprio
karma, il rispetto e l'amore
nei confronti di esso, costruiscono, allora, nella persona una consapevolezza
che, togliendola dalla dolorosa posizione di monade isolata – per dirla con
Alan Watts: un ego incapsulato in una pelle – la pone in armonico contatto con
il flusso della Vita, con la V maiuscola; e questo costituisce una inesauribile
fonte di profonda gioia dell'animo.
Un'ultima cosa: è risaputo che in natura, le modalità di
sviluppo non seguono un andamento rettilineo, ma ciclico, secondo un movimento
spiraliforme. Questo fa sì che anche il processo di crescita dell'essere umano
segua un andamento ondulatorio, fatto di fasi di espansione e di contrazione,
che conosciamo sotto il nome di
onde bioritmiche. Un conto però è sapere che tali fasi esistono ed un altro è
averne coscienza, farne l'esperienza; molte volte la fase di contrazione –altrettanto
necessaria e positiva quanto quella di espansione – viene vissuta così male da
volerne uscire a tutti i costi, ostacolando in questo modo il ritmo naturale. Chi può fare
affidamento su un buon rapporto con il
proprio Sé, attraverso l'immagine dell'lo, diventa consapevole anche di
questi ritmi, entra in sintonia con essi e riesce a vivere i momenti di
contrazione, non come depressione, ma come necessaria pausa di ricarica.
Per concludere, visto l'ampio spettro degli effetti positivi
che l'uso di questa tecnica produce, non possiamo proprio più negarci alla
gioia di vivere, a meno che non ce ne assumiamo in prima persona e totalmente
la pesante responsabilità.
(1) Chi
fosse interessato ad approfondire questo aspetto, veda di Erich Fromm, Dalla
parte dell'uomo, Astrolabio Editore.
Articolo tratto dalla rivista PSICODINAMICA N. 26, Anno 10, n.1 - Gennaio-Aprile 1995.
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